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Archivio per febbraio 2010

Sogno o son desta?

25 Febbraio 2010 12 commenti

Shall We DanceMartedì notte ho sognato che per un’emergenza avrei dovuto sostituire una ballerina in un concorso di danza. Preoccupata, facevo notare la mia incapacità, ma un uomo che avrebbe dovuto essere il mio partner nella gara, e che era il maestro di ballo, mi prendeva tra le braccia e iniziava a farmi volteggiare. Mi diceva che mi avrebbe insegnato in un pomeriggio, perché ero abbastanza portata (?!) per imparare in fretta. In effetti, ballando con lui capivo che avrei potuto farcela…

I sogni non son desideri, come cantava Cenerentola, ma a volte ti fanno svegliare con una consapevolezza in più e con l’idea di riuscire a fare qualcosa che ritenevi impossibile.

P.s. E no, non mi iscriverò a un corso di danza, no
🙂

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Vite di striscio

22 Febbraio 2010 5 commenti

Vite di striscio mi passano accanto, entrano nella mente a interrompere i pensieri.
Note tristi e melanconiche che alterano l’armonia del pensiero, scritta e riscritta più volte per ottenere una melodia piacevole da suonare e ascoltare. Sono vite che sfiorano la realizzazione o che le camminano accanto, su strade parallele che non si incontreranno mai. Sogni infranti, i cui frammenti sono stati incollati migliaia di volte come vasi preziosi usurati dal tempo. E in quei frammenti rivedo traguardi che non mi appartenevano ma per i quali ho corso a lungo, sfibrando i muscoli, perdendo il fiato. Ritrovo immagini antiche che avevano il loro fascino, ma in cui i volti erano quelli sbagliati. E mi chiedo quanto anche la mia non possa essere un’esistenza di striscio.

A volte sento la pienezza di alcune sensazioni e ho la certezza di una vita vissuta senza mai dare nulla per scontato, in cui ho prima cercato di capire e poi cercato di ritrovare il sentire. E se con la ragione era facile costruire alibi e inventare scuse, con la pancia c’è poco da ‘filosofare’.  Osservo vite confuse che cercano linfa vitale in sottili distrazioni e penso che da quelle vite sono nati figli meravigliosi, quasi per caso. E penso, poi, che meravigliosi sono i bambini perché germogliano pure in mezzo alla gramigna, anche se dovranno trovare terreni irrigati in cui prosperare per evitare di inaridirsi con il tempo.

E torno a osservare atleti diventati agenti immobiliari, che corrono la domenica mattina sognando traguardi irraggiungibili; aspiranti musicisti tamburellare con invisibili bacchette su scrivanie d’ufficio; sognatori romantici che vivono dentro a un cassetto; e tutti, o quasi, non riescono a godersi il presente persi nella nostalgia e nella speranza, nel migliore dei casi, nei rimpianti e nelle aspettative, nel peggiore.

Io, il presente ho imparato ad apprezzarlo molto tempo fa, ventanni per la precisione. E questo non mi ha impedito di conservare memoria del passato, né di fare progetti per il futuro. Di progetti ne ho sempre avuti tanti e alcuni li ho anche realizzati, altri sono in fase di costruzione, ma il progetto più importante è sempre in divenire.

E’ quello più ambizioso, lo so, quello per cui ho sempre lottato e per il quale mi sono scoraggiata fino quasi a morirne. Eppure, a lui non rinuncio anche quando sono costretta a buttare giù quello che ho costruito e a ricominciare daccapo.
Quel progetto sono io. Per non correre il rischio di vivere una vita di striscio, per non sprecare energia e vitalità rincorrendo i sogni degli altri, per non confondersi in funzione delle aspettative altrui, per non annullarsi dinanzi a prospettive di vite da cartolina, ecco, per questo io resisto. E lo dico e lo ribadisco, non è tanto il dolore – al quale ci si abitua – a fare male,  ma la solitudine interiore che ogni tanto t’illudi di mettere a tacere, condividendo pensieri, sensazioni e sciocche quotidianità con chi pensi t’amerà e amerai per sempre.

Stamattina, venendo il ufficio, la radio trasmetteva questo brano, parte della colonna sonora di una deliziosa commedia con Susan Sarandon e Richard Gere, Shall We Dance?, interpretato da Peter Gabriel anche nel suo ultimo disco di cover. E ho fatto fatica a trattenere le lacrime, come ogni volta che vedo questa scena. Perché quando ami davvero una persona non la cambieresti per nulla al mondo e dopo anni puoi sempre amarla come la prima volta. E perché la vita non è una cartolina né un film, ma se lo si vuole veramente si può vivere una vita piena e non una vita di striscio.

E’ finita?

1 Febbraio 2010 3 commenti

Game OverQuando è veramente finita non lo sai mai. O meglio, c’è un momento in cui ci si dice: “Adesso basta!“, ma non significa che ce la farai. Puoi ricaderci mille e una volta perché, si sa, viviamo di strascichi e siamo altrettanto bravi nelle intenzioni quanto nell’autolesionismo. Così, se si tratta di dare un consiglio a un amico viene fuori tutta la nostra determinazione: “Smettila di pensarci; non puoi continuare a farti del male; ti provocava più danni che piacere; ce la puoi fare a vivere senza… ” e tutta una sequela di buoni consigli, tanto facili da elargire quanto difficili da applicare. Ma quando si vive la mancanza in prima persona, le giornate diventano interminabili e ci sono momenti in cui la tentazione di ricominciare è dietro l’angolo. Pensi, ripensi, sogni, desideri e ti dici che una volta sola ancora non potrà fare poi tanto male; che tutti, prima o poi, riescono a tagliare i ponti definitivamente, ma non deve necessariamente avvenire con drasticità.

Magari, ci si allontana gradualmente, in punta di piedi, senza dare nell’occhio e senza soffrire troppo. Riprovandoci quando proprio non se ne può fare a meno… Perché è l’idea del basta per sempre che è difficile da accettare.
Non si riesce proprio a pensare: “Da oggi non fumerò mai più“.

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