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On the Riverside

Torino

Sitting on the riverside, I’m waiting and I’m looking for… no, I’m not waiting for my enemy’s corpse, absolutely not. Really, I’m sitting but at the same time I’m moving, I’m thinking and I’m trying to improve my life. In the meanwhile things happens, people comings and goins. Sometimes, someone comes back.

No, non continuo in inglese e perché dovrei farlo? Solo perché l’incipit mi è passato per la testa in una lingua che mastico, ma sovente sputo? Oppure perché mi è successo di sognare in inglese?

In realtà, mi concentravo sulla lingua solo perché so che certi discorsi sono semplici alibi inventati per coprire e giustificare delitti e segreti. Ma perché inventarsi un alibi se nessuno scoprirà mai il colpevole? Ci vorrebbe un detective dell’impossibile per smascherarlo. E stupida io che ci casco e provo a (in)seguire certi ragionamenti che sono solo luoghi comuni addobbati con luminarie da festa del Santo Patrono.

Vivo confusa tra una folla di zombie convinti che tutti debbano essere come loro, ma sono morti e non lo sanno. Tenuti in vita da una cattedra universitaria, da un nome su un biglietto da visita, da una cultura self-made o da un’esistenza spericolata, tra fumi, alcool e adrenalinici eccessi per sentire di esistere, si suicidano ogni giorno un pò, annullando e svilendo se stessi, mascherando paure dietro filosofie e spacciando proverbi per certezze. Spesso, per non morire da soli, portano sull’orlo del precipizio qualcuno che gli tenga compagnia. Salvo poi buttare giù il malcapitato di turno e continuare a giocare ai sopravvissuti, sfoggiando sorrisi e cicatrici santificate dalla Tv o dai coglioni che li prendono a modello della propria vita.

Eppure ci si casca. Magari solo per un momento, quello in cui si è più fragili. Ed ecco lì la banalità che diventa legge, il luogo comune che assurge a massima di vita, figlia della saggezza popolare. Ma quella saggezza appartiene ai contadini che osservano la terra, il sole e la luna, e noi non siamo più contadini anzi, non lo siamo mai stati.

Così ora lo so. Non ci credo più a certe banalità, anche se le dicono persone che stimo, perchè a volte le ho dette anche io e io mi stimo abbastanza…

Quanto è difficile riuscire a distinguere il falso dal vero… non solo quello che ci circonda, ma soprattutto quello che fa parte delle nostre convinzioni. Partiamo sempre dal presupposto che ciò che sentiamo è vero perché lo proviamo, ma usiamo le parole sbagliate: è reale perché lo sentiamo, ma non è detto che sia vero. Anzi, spesso è esattamente il contrario.

Ho avuto la fortuna di conoscere qualche detective dell’impossibile e, quando sono stata smascherata, sono fuggita. Mi si è gelato il cuore, ma io lo sentivo sanguinare. Imprigionata in una cella di vetro, m’illudevo di vivere con tutti e 5 i sensi, ma potevo solo guardare attraverso pareti trasparenti e costruire gusti, odori e sensazioni con la mente. Parlavo, studiavo, leggevo e m’innamoravo, ma non sentivo un cazzo.

Fino a che non ho mollato. E’ stato difficilissimo mandare in frantumi quelle pareti di vetro, perché non le vedevo… E quando i suoni e gli odori mi hanno investito sono stata per anni ubriaca di sensazioni incontrollabili. Più il sentire mi faceva paura e mi veniva spontaneo ritornare alle mie certezze razionali, più resistevo.

Eppure ancora oggi, a volte, mi lascio ammaliare dalle banalità salvo poi sentire nel giro di un secondo che sotto c’è la fregatura. Ora le fregature le annuso e le riconosco. Non ci casco più.

Ora lo so ciò che ha valore e su cosa e su chi vale la pena di investire. Ci provo. Anche se non è sempre facile. Anche se ancora non so dire bene di NO. Anche se ancora faccio fatica a non rincorrere chi sembra avere le stesse paure che avevo io solo tre anni fa.

Così, mi siedo sulla riva del fiume e sto attenta a non cadere nell’acqua. Di cadaveri ne passano, ma non sono miei nemici. Al limite, se lo sono stati, erano nemici di loro stessi non miei. Se vedo qualcuno trascinato dalla corrente gli tendo la mano sperando che voglia afferrarla. Che poi, una volta sulla terraferma si fa sempre in tempo a scegliere acque migliori nelle quali nuotare.

  1. 18 Ottobre 2009 a 17:45 | #1

    @Claudio dei Norma
    Io non lo so se ho smesso di provare paura… forse, non si smette mai. Per una paura che sconfiggi, eccone un esercito meglio armato che bussa alla tua porta.

    Di una cosa sono certa, però. Se il mio cervello non si stanca mai di capire, interpretare, comprendere e adeguarsi, il mio corpo ormai è consunto. Lui mi guida verso una ribellione istantanea nei confronti di ciò che non va bene, a dispetto dei ‘mostri’ che provano a paralizzarmi e confondermi. E’ una ribellione che non so dove mi porta e che mi costringe a vivere giorno per giorno. Ma, in fondo, mi sembra la cosa migliore. Salvo poi rattristarmi per la mancanza di dialettica costruttiva con la maggior parte della gente che mi sta intorno… ma questo, si sa, è mal comune.

  2. 18 Ottobre 2009 a 17:38 | #2

    @Danny
    Grazie! …anche per l’adattamento di Vulvia 😀

  3. 18 Ottobre 2009 a 17:37 | #3

    @peppermind
    la filosofia è affascinante e sembra regalarci una risposta per ogni cosa, anzi, molteplici risposte per una stessa situazione. Io, però, che l’ho studiata con passione al liceo classico, l’ho abbandonata più avanti poiché non mi sembrava rispondesse concretamente alle mie esigenze. Restano piacevoli e affascinanti speculazioni.
    Il fiume nel quale entri è sempre lo stesso, potrà variare la corrente, la temperatura o il grado di purezza dell’acqua; ma noi non siamo gli stessi: possiamo decidere di entrare, di non entrare, di tuffarci con un salvagente o di guadarlo. Secondo me, non possiamo controllare le variazioni della natura, le nostre sì, invece.

  4. 17 Ottobre 2009 a 12:51 | #4

    Anch’io ho paura. E non sono Mario Adorf (…poi dico che non mi piace il cinema).
    Né un perioftalmo, pesce che spero faccia il salto evoluzionale e non la fine dei salmoni di cui parla l’encomiabile e incommensurabile dr. Marreto.
    Io ho paura. Rimango stretto in me stesso e controllo che le anguste pareti della mia cella siano sempre asfissianti e umide come le conosco. Al male conosciuto è difficile preferire lo sconosciuto bene. Scardinare la paura è “la chiave di volta”, seconda citazione per il dr. M.
    Io ho ancora paura. Ma porto dentro l’amore di una donna libera che ha smesso di provarla.
    Grazie ancora e sempre di avermi fatto notare la bidimensionalità di alcuni eroi e certi mostri.

  5. 16 Ottobre 2009 a 17:41 | #5

    La corrente trascina tutto…
    Perchè i salmoni nuotano contro corrente e risalgono il fiume se poi gli orsi se li mangiano? 🙂
    Chi glielo fa fare?
    Che c’è uno che li spinge?

    “SPINGITORI DI SALMONI” su Rieducational Channel
    —————————————-

    Tutto il meglio Vicky.
    Scrivi sempre in modo profondo e toccante.
    Attendo un tuo libro.

  6. 13 Ottobre 2009 a 11:59 | #6

    Considerazioni sparse…
    Una è che io in effetti analizzo e applico teorie filosofiche, ma anche no, a tutto.
    Lo faccio per paura, ma anche perché mi viene automatico, da sempre… da bambino chiesi a mia madre perché il pallone da calcio andava verso il basso e non verso l’alto. Son robe da chiedere?
    “No” è difficile da dire perché… vabbe’, stavo per proporre un’altra teoria.
    E il fiume in cui entri, anche se è lo stesso, non è mai lo stesso.
    Ok, Eraclito, non ho saputo resistere.

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