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Animal Kingdom

Animal Kingdom è come un pugno nello stomaco quando meno te lo aspetti. Uscendo dalla sala, dopo l’anteprima, è così che mi sono sentita: come se mi avessero preso a pugni mentre ero tra gli scaffali del supermercato a comprare biscotti.

La violenza scivola tra i giardini e le strade di una periferia che sembra la squallida anticamera di Melbourne, una città ricca di giardini lussureggianti e architettura vittoriana, piena di tram, di caos e di vita. Non c’è vanità in questi criminali che non indossano abiti firmati, non sfoggiano macchine di lusso e non vivono in palazzi signorili. Sono persone ordinarie, che fanno la spesa al supermercato e vivono in case di periferia dotate di ogni elettrodomestico, unico indizio delle ricchezze accumulate con rapine e spaccio di droga, delle tane nelle quali trovano rifugio, qualunque cosa accada. Persone sciatte e prive di gusto che passano inosservate, fino a quando non trasformano l’arroganza e l’ignoranza in violenza senza mezzi termini e, spesso, senza via di scampo. Sia che si tratti di accendersi una sigaretta in un bar, infischiandosene dei divieti e dei richiami della cameriera, sia che si tratti di minacciare con la pistola un automobilista arrogante. Man mano che il film si sviluppa, anche il più semplice gesto di uno dei membri della famiglia Cody ci fa stare in tensione, in attesa del peggio.

I criminali hanno paura” dice la voce narrante di J (James Frecheville) all’inizio del film “anche quando non la mostrano“. Ed è questo il tema dominante del film: la paura. La paura di J, costretto a vivere con la violenta famiglia materna che gli è estranea; la paura di Pope (Ben Mendelsohn), braccato dalla legge e consapevole di essere agli sgoccioli della sua carriera criminale; la paura di Baz (Joel Edgerton) di non avere il tempo e il modo di godersi guadagni e famiglia; la paura di Craig (Sullivan Stapleton) di restare senza affetti; la paura di Darren (Luke Ford), che si sente inadeguato agli standard di violenza dei fratelli; la paura del detective Leckie (Guy Pearce) di non riuscire a tirar fuori J da quell’ambiente malsano. L’unica che non ha paura è “SmurfCody (Jackie Weaver), la capoclan del regno animale, la madre dei tre fratelli Cody, nonna di J. Dietro i suoi modi dolci e il sorriso rasserenante si cela il più sociopatico e psicopatico personaggio del film.

Quello che tiene i fili, che consola, che sostiene e protegge a costo di uccidere chi minaccia la sua famiglia. Il suo modo di governare questo gruppo di uomini disturba sin dall’inizio, per l’oscenità dei baci che pretende dai ragazzi, quasi come fossero amanti e non figli o nipoti. Una madre/nonna che usa il suo potere per mantenere vivo il suo regno animale che la leggittima come regina.

Un film che, con tutto il rispetto per i maestri citati, non ha niente a che vedere con Scorsese e con Loach, perchè è un film nuovo. Un film con una narrazione asciutta, a tratti quasi documentaristica, che non esalta la criminalità, ma la riduce alla peggiore mancanza di cultura e umanità, quale è nella realtà.
Un film da non perdere
.

La regia e la sceneggiatura, entrambe di David Michôd, raccontano perfettamente questa storia sulla paura indotta e provata. La prima con una scelta minimale che non enfatizza mai i colori e i toni, ma raffredda le inquadrature dei gesti più violenti con luci naturali e con l’assenza della colonna sonora. La seconda, con dialoghi scarni, privi di qualsiasi sense of humour.

Non ci sono Le iene di Tarantino che discutono sul senso di Like a virgin di Madonna, ma cinque ‘bestie‘ più o meno feroci che comunicano mugugnando, abbassando lo sguardo in segno di resa o prendendosi a pugni. Cuccioli di leone che si azzuffano tra di loro sotto lo sguardo ‘amorevolmente spietato’ della leonessa ‘Smurf‘. Tutto  è talmente realistico che non è difficile pensare a una storia vera, come viene annunciato all’inizio del film, anche se Michôd ha dichiarato di aver voluto trasformare le vicende in fiction proprio per non dare risalto e fama a dei criminali reali.
Un 10 alla regia e all’intero cast.

P.s. La recensione è pubblicata su Film.Tv, dove troverete anche la scheda del film.

  1. 3 Dicembre 2010 a 17:53 | #1

    @Peppermind
    Guarda, secondo me, dopo aver smaltito i pugni che ti sembrerà di aver preso nello stomaco all’uscita dal cinema, realizzerai il senso profondo di questo film. Almeno, così è successo a me 😉

  2. Peppermind
    30 Novembre 2010 a 10:13 | #2

    “una grande”

  3. Peppermind
    30 Novembre 2010 a 10:13 | #3

    Sembra un atgrande ficata.
    Me lo guardo di sicuro!

  1. Nessun trackback ancora...
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