h.8.00 sveglia + colazione
h.9.30 spiaggia, abbronzanti, panini, acqua, materassino, cellulare, libri, pallone, bocce, racchettoni
h.10.00/11.30 bagno
h.12.00 sole, panini, acqua
h.13.00 silenzio fino alle 15.00. Tutti a tavola, menomale la spiaggia si svuota, ma il pischello con la chitarra rompe i…
h.15.30 dopo la siesta di nuovo in acqua
h.16.00 riscendono tutti e urlano, schiamazzano e giocano a beach volley
h.17.00 al bar per una partitina a carte
h.18.00 balli di gruppo con l’animatore (parappapero, parappapà)… facce tristi e distratte che eseguono sempre gli stessi passi (ma perchè lo fanno se non si divertono?)
h. 19.00 doccia
h. 20.00 cena + Tv (che pure in vacanza non se ne può fare a meno)
h. 21.00 e vai con l’animazione! Un po’ di karaoke, spettacoli e barbecue sulla spiaggia; poi discoteca fino a mezzanotte
h. 00.00 silenzio, si dorme. Ma c’è sempre qualcuno che ride sommessamente e alza la voce dopo le due…
E così per almeno 15 giorni, tutti gli anni, non so da quanti anni sempre la stessa vacanza… Mi chiedo e ti chiedo, ‘village people‘:
1. che vacanza è, se fai le stesse cose che fai durante l’anno (a parte il mare)?
2. perché ho sempre l’impressione che fai finta di divertirti?
3. perché nell’unico periodo dell’anno che puoi vivere senza orari fai una vita da caserma?
4. e soprattutto, se proprio non puoi fare diversamente e ti ritrovi a trascorrere le tue ferie in un villaggio, perchè non provi a sfuggire agli orari e ai passatempi organizzati, facendoti la TUA vacanza?
Ho sempre più l’impressione che la libertà sia una parola tanto pronunciata quanto incompresa… non sappiamo come gestirla e ci ritroviamo a compiere sempre i soliti rassicuranti rituali che ci preservano dalle delusioni, ma che non ci permettono di crescere e scoprire cose nuove.
h. 16.40 fine della siesta, partitina al bar e poi balli di gruppo…
Mi è sempre piaciuto leggere. Immergermi in storie fantastiche o nelle vite di personaggi più o meno immaginari mi ha permesso di viaggiare con la fantasia, ma anche di aprire nuove porte. Amo la letteratura, mi piace scrivere e mi emoziono particolarmente quando ricevo qualcosa che è stato scritto per me. Non mi capita spesso. Però, a volte, leggendo qua e là nella rete m’imbatto in cose che mi colpiscono particolarmente. Sono pensieri dai quali emergono emozioni che mi appartengono, anche se chi le scrive vive lontano da me e segue strade diverse dalle mie.
Avrei voglia di rispondere, ma ho come l’impressione di entrare dentro un’anima senza il permesso. Vorrei dire che ci sono, che anche io provo e sento le stesse cose, ma so che quelle parole non sono state scritte per me. Eppure…
Eppure ci sono parole che toccano i sensi e sento quei sapori e quegli odori che chi ha scritto ha assaporato in un momento diverso dal mio. Forse voglio crederlo o, forse, siamo più vicini di quel che crediamo.
Premesso che:
1. quelle di quest’estate non sono vacanze, ma solo una pausa per staccare dal lavoro
2. una settimana al mare è oggettivamente poco
3. ma meglio di niente…
è arrivato il fatidico momento della valigia, quello che io temo di più perchè:
1. mi riduco sempre all’ultimo minuto
2. ho sempre paura di dimenticare qualcosa di fondamentale
3. la valigia è sempre troppo piccola…
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‘A girl with caleidoscope eyes’
Non l’ho mai scritto qui, anche se l’ho detto in vari modi, ma il nick che uso per scrivere su quest blog, Lucy Van Pelt, l’ho scelto per diversi motivi.
Il primo, il principale, è che come il personaggio di Schultz vivo dietro un banchetto dal quale, spesso mio malgrado, dispenso consigli e incoraggiamenti. Non sono furba come Lucy, però, e non mi faccio pagare. Ma, del resto, non sono nemmeno cinica e pratica come lei.
Non sono stata consapevole da subito di questo ruolo. In famiglia ero considerata una “musona”, un’asociale, una strana insomma, non come tutte le ragazzine tutte cuori e pupazzi di pelouche, ma tutti sapevano che ero abbastanza matura e, nel momento del bisogno, mi tiravano in causa.
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Come ricorda un amico, fine lettore, quando lavoravo nell’editoria scrissi uno dei primi articoli sui blog. Era il 2001 e durante la tragedia delle torri gemelle, non riuscendo ad accedere ad alcun sito istituzionale, mi misi a navigare in cerca di news. Nel marasma e nella concitazione di quel giorno, trovai in rete la pagina di Andy Chest che descriveva in tempo reale ciò che vedeva dalla finestra del suo ufficio, situato due isolati più in là del World Trade Center. Ricordo che non pensai affatto a che strumento utilizzasse per comunicare in tempo reale, so solo che le sue descrizioni mi fecero accaponare la pelle. Le notizie che leggevo non avevano nulla di giornalistico, ma vedere ciò che accadeva attraverso gli occhi di una persona comune mi teletrasportò immediatamente sul luogo del disastro. Prosegui la lettura…
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